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COELACANTHE

SLOOP 12,60

 
     
     
     
Tipo SLOOP ACCIAIO FINOT
Cantiere AMATORE-ICARD
Anno di costruzione 1996
Ricondizionamento 2007
Dimensioni 12.60 x 3.92 m
Immersione 1.90
Scafo/Ponte ACCIAIO
Motore VETUS 50CV
Batterie 3 370 Ah
Serbatoi acqua 2 400 L totale
Serbatoio carburante 500 L
Stazione radio VHF + SSB + Pactor III
Ecoscandaglio e Log VDO
Gps FURUNO GP30, Garmin75
Pilota automatico Navico –WP5000
Timone a vento MUSTAFA'
Generatore eolico SUPERWIND
Pannelli solari N.2 totale 180w
Stereo
Tender con fuoribordo
Avvolgifiocco FURLEX 300s 
Salpa ancore LOFRANS CAYMAN 80
Vele RANDAGENOA - GENNAKER -TRINCHETTA- FIOCCO
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
interni
sezione
Dinette
Cucina
     
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cucina1
     
Cabina di prua
Cabina di poppa
     
prua2
poppa
     
     
     
     

Il Coelacanth (dal greco coelia, "vuoto", e acanthos, "spina") è un rappresentante della più antica linea evolutiva di pesci che si conosca. Secondo i fossili ritrovati, è apparso per la prima volta nel medio Devoniano, circa 390 milioni di anni fa. Si pensava che fossero estinti sin dal Cretaceo, fino a quando un esemplare venne pescato nel 1938 in Sudafrica, nel fiume Chalumna. In seguito furono trovati altri esemplari nelle isole Comore, Sulawesi, in Indonesia, Kenya, Tanzania, Mozambico, Madagascar e in Sudafrica, nell'area protetta St. Lucia.

Il primo ritrovamento in Sudafrica 1938

Una mattina del 1938, nel museo nazionale di East London (Sud Africa), un pacco abbastanza grande faceva mostra di se sulla scrivania della conservatrice del museo. Il pacco era stato portato da un pescatore. La conservatrice del museo, la signora  Latimer, aprì cautamente il pacco - quasi prevedendo ciò che esso conteneva - e rimase a fissare il mirabile contenuto. «Uno strano pesce con gli occhi fosforescenti. Il suo corpo aveva un colore blu acciaio, metallizzato quasi, presentava delle macchie bianche. Le squame avevano un aspetto pietroso: erano - infatti - molto dure, e i denti erano piccoli, numerosi, conici e appuntiti». Lo stato di conservazione del pesce non era comunque ottimo, presentava infatti ampie tracce di decomposizione in atto. L'analisi della dottoressa Latimer continuò con cura, mentre una sottile voce cominciava nella sua mente a sussurrare un nome: coelacanth.

La Conferma di James Smith

Per essere sicura della sua intuizione, la dottoressa Latimer, interpellò il più famoso ittiologo sudafricano, James Smith, il quale confermò l'eccezionale ritrovamento: si trattava proprio di un esemplare vivente di Coelacanth. L'animale rinvenuto, secondo le analisi condotte, aveva mantenuto inalterata la sua fisiologia, mantenendosi identico agli stessi esemplari che vivevano nell'epoca mesozoica (da 254 milioni a 64 milioni e mezzo di anni fa). Per effettuare studi più approfonditi, era necessario poter disporre di un celacanto in ottimo stato di conservazione e per tanto una fitta battuta di ricerca venne effettuata nella zona dove si era pescato l'esemplare. Le attese tuttavia furono deluse, in quanto nessun altro esemplare benne pescato.

Successivi ritrovamenti

Nel 1952, invece, a largo delle Isole Comore (pressi Madagascar - oceano Indiano) venne pescato un altro esemplare di Coelacanth. Le novità, però, non finirono con il ritrovamento del pesce, perché di lì a poco si apprese che gli indigeni dei luoghi quel pesce lo conoscevano bene, al punto che erano soliti cucinarlo e mangiarlo in salamoia e ne utilizzavano la dura pelle come una carta abrasiva. Gli esemplari che fu possibile pescare al largo delle isole Comore furono numerosi. Agli studiosi apparve chiaro come nei fondali di quelle isole vi fosse un'intera colonia di quel mirabile pesce, ma ciò nonostante nulla si era riusciti a capire o ad apprendere circa le abitudini di vita del Coelacanth.
Nel 1987, la tecnologia venne in aiuto degli studiosi: tramite un batiscafo fu possibile calarsi in quei fondali e studiare i movimenti e le abitudini del Coelacanth proprio nel suo ambiente. La data del primo avvistamento vero e proprio del Coelacanth è il 17 gennaio del 1987, verso il pomeriggio inoltrato un esemplare di circa 1 metro e mezzo passò davanti all'oblò del batiscafo Geo. Il batiscafo giaceva a circa 198 metri di profondità, vi furono - in seguito - pochi altri avvistamenti per via dell'eccessiva profondità in cui amava spingersi tale pesce, il batiscafo non era in grado di superare i 200 metri di profondità.

Il 28 ottobre 2000, nelle acque protette dell'area di St. Lucia, al confine con il Mozambico, i tre sommozzatori Pieter Venter, Peter Timm, e Etienne le Roux trovarono un coelacanth alla profondità di 104 metri. Dopo essersi autorinominati "SA Coelacanth Expedition 2000", il gruppo ritornò alla carica, questa volta dotato di equipaggiamento fotografico e altri sommozzatori pronti a seguirli. Il 27 novembre quattro di essi (Pieter Venter, Gilbert Gunn, Christo Serfontein e Dennis Harding) trovarono 3 celacanti, dei quali uno era lungo tra 1,5 e 1,8 metri, mentre gli altri misuravano circa 1/1,2 metri. I subacquei riuscirono a fotografare e filmare gli animali, ma purtroppo una volta riemersi Dennis Harding morì a causa di un'embolia cerebrale nello sforzo di aiutare Christo Serfontein che aveva momentaneamente perso conoscenza.
Fra il marzo e l'aprile del 2002, il sommergibile Jago (capace di raggiungere i 400 metri di profondità) e il gruppo di sommozzatori Fricke Dive Team riuscirono a trovare nella stessa zona un gruppo di 15 celacanti, di cui una femmina incinta, riuscendo anche a raccogliere campioni di tessuto degli animali.

   

Caratteristiche

E’ un pesce di grosse dimensioni e può arrivare fino ai due metri di lunghezza e gli 80 Kg. di peso. Vive in media 60 anni, preferisce nuotare in profondità e predilige andare a caccia durante la notte. Si nutre di anguille, razze, piccoli squali e calamari. Nuotano in modo particolare, in quanto muovono le pinne a coppia, o le due anteriori, le pettorali o le due posteriori le pelviche. Le femmine hanno un periodo di gestazione di tre anni.
E’ l'unico essere vivente che possegga un giunto intercraniale che gli permetta di separare internamente la metà superiore del cranio da quella inferiore: si presume che l'abilità sia legata al consumo di prede di grandi dimensioni. Le sue squame secernono muco e il suo corpo trasuda un olio che, essendo lassativo, lo rende immangiabile a meno che non venga disseccato e salato. La durezza delle loro squame fa sì che esse siano usate dagli abitanti delle Comore come carta vetrata.
I suoi occhi sono estremamente sensibili alla luce, grazie alla presenza del tapetum lucidum, una membrana riflettente posta dietro alla retina che riflette nuovamente la luce catturata alla retina; per questo motivo è molto difficile catturare un coelacanth di giorno o in una notte di luna piena.
Consuma solo 3,8 millilitri di ossigeno per ogni chilogrammo di peso corporeo ogni ora, Il coelacanth risparmia le proprie forze e riduce al minimo il proprio metabolismo,adattandosi a vivere in zone povere di cibo e ossigeno è riuscito a superare l'estinzione.

Le macchie hanno una funzione importantissima, variando da individuo a individuo fungono da vere e proprie impronte digitali.

Vivono in grotte che abbandonano solo di notte, in non più di quattro individui. Gli studiosi hanno capito che tale convivenza è forzata e non risponde a nessuno schema sociale, essendo il celacanto un animale solitario.

Il coelacanto non ha mezze misure nelle sue battute di caccia: poca tecnica e molta forza, fanno si che pochissime prede riescano a sfuggire. Appena vede una preda innanzi a sé, il coelacanth accelera fulmineamente, spalanca la bocca (grazie anche a una speciale articolazione tra le ossa del cranio fino ad allora trovata solo su resti fossili) e inghiotte la preda in un solo boccone. Dato che il coelacanth si muove solo di notte, si è posto il problema di come faccia a "vedere" le prede, considerando che a circa 200 metri di profondità regna il buio assoluto. Gli studiosi son partiti dal fatto che il celcanto (risparmiatore fino all'eccesso di energia) attacca solo le prede che gli si pongono davanti, la sua azione è rapida e calcolata e soprattutto precisa. Dopo mesi di studi, sono riusciti ad individuare all'estremità del capo un sensore che hanno chiamato organo rostrale. Tale organo, pare, sia in grado di percepire le piccole scariche elettriche emesse dalle contrazioni muscolari dei pesci che nuotano avanti al coelcanth, fornendo adesso l'esatta posizione della preda da attaccare.

   
Il Coelacanth ritenuto estinto, è invece ritornato prepotentemente alla ribalta, dimostrando che l'adattamento o l'evoluzione non sempre è necessaria per la conservazione di una specie. Le ricerche su questo pesce, ovviamente non sono terminate. Ciò ha fatto forse fin troppa pubblicità a tale animale che adesso rischia, in appena un secolo, ciò che il tempo non è riuscito a fare in 400 milioni di anni, l'estinzione. Un enorme numero di Celacanti giacciono impagliati sulle bancarelle presso le isole Comore.

Fortunatamente una nuova campagna di studi che intorno alla meta del maggio del 2001 ha permesso ad alcuni sub di avvicinare una colonia di Coelacanth, ha riportato alla luce il problema di tali pesci e adesso associazioni come il WWF ed altre simili - già impegnate in tale direzione - stanno ottenendo la più totale protezione per tale specie. Il tempo stringe, bisogna salvare il fossile vivente, che forse non ha più il tempo di aspettare altri 400 milioni di anni.

gion6

 

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